Cari amici del blog,
sul sito web dell'Associazione Culturale "Bichi Reina Leopardi Dittajuti" (sezione Nobiltà - studi sulla nobiltà) - cliccare sul link in alto a destra - potete trovare il mio ultimo "lavoro" - una relazione storico-genealogica - sulla famiglia Baluffi di Ancona, frutto di anni di ricerche...buona lettura!
L'idea di creare questo blog è nata dalla mia passione per la storia, e in particolare per la storia di famiglia, unita a un'altra mia passione: le Marche! poco a poco voglio condividere storie e aneddoti che mi hanno portato ad amare e ad interessarmi a questa terra, sperando che anche i frequentatori di questo blog trovino l'input per iniziare un'avventura - perché è così che mi piace chiamarla - alla scoperta delle proprie origini!
lunedì 28 maggio 2012
martedì 17 aprile 2012
Famiglie di armatori e marinai nell'Ancona dell'Ottocento
Questo è un elenco parziale di famiglie anconetane, che nel corso dell'Ottocento si distinsero come marinai e armatori: ovviamente, ogni contributo è ben accetto!
Almagià
Bravura (Braura)
Burattini
Baluffi
Candelari
Elia
Maddalena
Mengoni
Pelosi
Vecchini
Zanetti
Almagià
Bravura (Braura)
Burattini
Baluffi
Candelari
Elia
Maddalena
Mengoni
Pelosi
Vecchini
Zanetti
lunedì 26 marzo 2012
Fabriano e la carta
Fabriano
è la prima città dell’Appennino centrale marchigiano che si
incontra provenendo dall’Umbria. Si estende su un’area di 266 kmq
nella quale vivono più di trentamila abitanti (31.781).
Originariamente
si chiamava Faberius, che nel Medioevo divenne Fabriano, anche perché
era molto sviluppata in città l’attività dei fabbri. Anche lo
stemma cittadino, infatti, sin dal XIII secolo, ha come emblema un
fabbro che batte il ferro su un’incudine.
Fu
per molti secoli, con qualche periodo altalenante, sotto il governo
della Chiesa, dal 1444 al 1860, anno in cui fu annessa al Regno
d’Italia.
Ma
è certamente il ‘300 il periodo storico di maggiore potenza,
prosperità e splendore per Fabriano, dove a livello
economico-sociale e politico-istituzionale finiscono per affermarsi
le corporazioni delle Arti, le quali riunivano sotto i loro stendardi
la borghesia produttrice.
Tra
esse spiccava l’Arte dei Fabbri: ben 38 fabbrerie si contavano
nella sola piazza del mercato, dalle quali uscivano continuamente
manufatti per il mercato esterno, tanto che il sigillo del comune,
come accennato prima, già rappresentava simbolicamente proprio un
fabbro nell’atto di battere il ferro sull’incudine.
La
lavorazione della carta accrebbe la notorietà e il prestigio del
Comune: i prodotti cartari si sparsero in tutto il mondo come
ricordato nello stesso stemma cittadino: “Olim chartam undique
fudit”.
Si
fondarono chiese e conventi; si costruirono nuovi edifici; fiorirono
gli studi letterali e umanistici; si sviluppò una prestigiosa e
singolare scuola pittorica con notevoli influenze sul territorio
circostante. Di questo periodo possiamo ricordare il Palazzo del
Podestà, splendido edificio pubblico eretto nel 1255 interamente in
pietra bianca di Vallemontagna; la fontana Sturinalto e il Portico
dei Vasari; di periodi successivi, sono la Cattedrale di San Venanzo,
l’Oratorio della Carità, la Chiesa dei Santi Biagio e Romualdo, la
Pinacoteca Civica Bruno Malajoli, ospitata nel quattrocentesco
Spedale del Buon Gesù, la cui raccolta è, per vastità e qualità
delle opere, da molti indicata come una delle più importanti
dell’Italia centrale.
Mentre
il Museo della Carta e della Filigrana, ha la sua sede all’interno
di uno dei più bei complessi monumentali della città di Fabriano,
l’antico convento di San Domenico.
Oltre
che per la produzione della carta, fin dal basso medioevo Fabriano
eccelleva in numerose altre attività artigianali. Oggi la città ha
un carattere prevalentemente industriale con imprese in ogni campo,
tra cui però primeggiano alcune di fama internazionale: le storiche
Cartiere Miliani, le industrie di elettrodomestici Merloni (Indesit,
MTS, Antonio Merloni) e le industrie produttrici di cappe aspiranti
per le cucine (Faber, Elica, Best).
Il
territorio di Fabriano è ricco di aree di interesse naturalistico ed
escursionistico, tra le quali spiccano l’Aula Verde di Valleremita,
situata a sud-ovest di Fabriano, compresa nel bacino montano
dell’Esino; la frazione di Poggiasecca, all’estremità
nord-occidentale del territorio comunale, è luogo di passaggio
obbligato degli escursionisti del Monte Cucco, e i boschi di
latifoglie caducifoglie di cui la zona è molta ricca, che si
presentano in composizioni floristiche diverse.
Tra
le valli, le colline e i monti del territorio Fabrianese, luoghi di
incantevole bellezza, sono stati individuati percorsi in bicicletta
ricchi di note e dati utili per conoscere anche i beni culturali ed
ambientali.
Gli
itinerari sono destinati agli appassionati cultori della mountain
bike, amanti dei percorsi difficili a stretto contatto con l'ambiente
naturale e i suoi ostacoli ed ai cicloturisti desiderosi di
affrontare i percorsi più facili, su strade asfaltate, per recarsi
da un castello all'altro, da un paese all'altro, lungo le
vallate percorse dai fiumi Giano, Esino e Sentino.
La
terra, da queste parti, è sempre stata davvero generosa con i tanti
frutti preziosi trasformati in veri e propri tesori
dell’enogastronomia.
Salumi,
vino, olio, funghi, tartufi, miele, carni: sono queste solo alcune
delle eccellenze che l’entroterra marchigiano ha regalato alla
cucina regionale, famosa in tutto il mondo per la sua incredibile
varietà di piatti e di ricette.
Nella
storia della carta Fabriano è un chiaro punto di riferimento che
indica una peculiarità della civiltà europea, un centro di antica
tradizione manifatturiera e mercantile proteso al recupero della sua
autentica matrice culturale da oltre sette secoli strettamente
connessa all’arte cartaria; ed è proprio su questa importante e
direi unica (nel senso straordinaria) risorsa che vorrei incentrare
il mio piano di sviluppo turistico, collegandomi a un turismo
culturale abbinato alla natura.
Il
Comune di Fabriano e le Cartiere Miliani, interpretando la necessità
di tutelare la realtà storica fabrianese hanno istituito il Museo
della Carta e della Filigrana all’interno del complesso monumentale
dell’ex convento di San Domenico, concretizzando così idee e
suggerimenti avanzati nel secolo scorso dai fratelli Augusto e
Aurelio Zonghi, noti raccoglitori e studiosi di filigrane, e in età
contemporanea dallo storiografo Andrea Gasparinetti.
Dopo
una attenta selezione di materiali e una rigorosa ricerca delle fonti
archivistiche è stato allestito il museo, articolato in sale
tematiche che, dalla fabbricazione a mano della carta e relativa
utilizzazione del manufatto, passano all’esposizione delle
filigrane con ragguagli per ottenerle, alla visualizzazione del
viaggio storico della carta, alle fasi di sviluppo di questa Arte
nella terra di Fabriano, ai suoi processi di lavorazione e alla
connessa tecnologia, mediante documenti e schede storico-tematiche
che permettono a tutti di approfondire la conoscenza di una attività
produttiva che dopo oltre sette secoli continua ad essere esercitata
con successo nello stesso luogo che per questo motivo divenne famoso
in tutto il mondo.
L'allestimento
museale, recentemente arricchito, è articolato in sezioni tra cui
una fedele ricostruzione di una Gualchiera medievale dove è
possibile assistere alla lavorazione a mano di carte filigranate. E'
dunque un Museo pubblico "Vivo" ed "Interattivo"
perchè oltre a fornire informazioni sul mondo della carta e ad
ospitare opere ed artisti che della carta hanno fatto il proprio
elemento di espressione, offre opportunità didattiche (anche con
corsi residenziali di 3-5 giorni) che consentono al visitatore di
addentrarsi all'interno di un'Arte oggi ancor più strategica per la
tutela e la valorizzazione della cultura.
Un Museo nato
per trasmettere il messaggio culturale della carta, per contribuire
allo sviluppo delle ricerche e degli studi internazionali in un campo
così importante come quello della storia della carta e per
introdurre incentivi al turismo nell’Alta Valle dell’Esino.
Ninchi: aneddoti di una famiglia di attori. parte prima
In leggende e racconti tramandati oralmente di generazione in generazione si perdono le origini della famiglia Ninchi. Antichissime, secondo Umberto Ninchi, padre di Ave, il quale raccontava ai suoi famigliari che il capostipite della famiglia fu un certo Ninkj, intendente di Gengis Khan, i cui discendenti, da bravi nomadi, dopo numerosi viaggi si stabilirono per un certo periodo in Ungheria, e da lì passando per la Croazia, arrivarono ad Ancona.
Ed è da questa città di mare ed importante porto adriatico che iniziò la famosa stirpe di attori..
Ma il genio artistico di questa famiglia non scorreva ancora nel sangue di quei primi Ninchi che – italianizzato il cognome – presero fissa dimora in Ancona.
Il primo Ninchi di cui si ha notizia certa fu Vincenzo, il quale nato nel 1788, continuò l'attività conciaria trasmessa dai suoi ascendenti, attraverso “un metodo particolare ed esclusivo di trattare il cuoio”, come racconta Marina Ninchi, figlia di Ave, nel libro dedicato a sua madre.
Potrà sembrare una coincidenza, e in antitesi con quanto precedentemente detto, ma è proprio Vincenzo Ninchi il primo ad avvicinarsi al mondo del teatro!...eh si, proprio il teatro, e ormai più di due secoli fa, ma non come attore o diretto interessato bensì come spettatore! Mi spiego meglio: nel 1821 Vincenzo risultava proprietario di un palco al Teatro delle Muse di Ancona, palco riservato a lui e ai suoi famigliari. Chissà, magari è proprio così che è nata la passione di molti discendenti di Vincenzo per il teatro....da “semplici” spettatori a diretti protagonisti!
A parte questa piccola parentesi teatrale, se tale si può definire, la vocazione anzi le vocazioni dei Ninchi nel corso dell'Ottocento furono completamente diverse da quelle attuali; diversi membri intrapreso la carriera militare mentre altri quella “politico-legale”.
Vale la pena raccontare qualche cenno biografico di questi Ninchi che parevano – ma poi smentiti dai loro successori – aver iniziato una dinastia di promettenti avvocati e militari in carriera!
Il primo degno di menzione fu certamente Annibale Ninchi, omonimo del più celebre attore, figlio di Vincenzo Ninchi. Nato nel 1819, si laureò in legge all'Università di Roma e all'età di soli 25 anni era già avvocato della Rota, nonché collaboratore di Carlo Faiani e del principe Don Rinaldo Simonetti. Competitore politico prima con Camillo Cavour, poi con Nino Bixio, ottenne un seggio come deputato in Parlamento e fece del suo studio in Ancona uno dei principali riferimenti della vita cittadina.
Anche il pronipote Gualtiero Ninchi, il cui nonno Eduardo era fratello dell'avvocato Annibale, intraprese la carriera forense, interrotta nel 1920 dopo quasi 20 anni di professione, per trasferimento a Trieste.
Mentre Luigi, uno dei figli di Eduardo, divenne Assessore del Comune di Ancona, pur continuando l'attività conciaria, che solamente in questo ramo della famiglia si seguì a tramandare.
E come già accennato, diversi esponenti dei Ninchi si distinsero in campo militare: il primo fra tutti fu Arnaldo Ninchi, padre degli attori Annibale e Carlo, divenuto colonnello del Regio Esercito Italiano, mentre gli altri due figli maschi, Attilio e Ginetto, divennero uno tenente - caduto nel primo conflitto mondiale -, l'altro generale della Divisione Pasubio. Anche Carlo, a dir la verità, ebbe una “parentesi militare”, prima di intraprendere la carriera di attore, divenendo tenente del 7° Cavalleggeri.
È bene ricordare anche Renato Ninchi, un altro dei numerosi fratelli di Umberto, il quale fu Capitano del Regio Esercito Italiano e che la lapide nella tomba di famiglia dei Ninchi ricorda recitando queste parole: ...“ il 25 ottobre 1917 sicuro di morire lanciò le sue truppe contro la valanga croata”...
Dopo tutti questi nomi, vi starete chiedendo chi fu esattamente il primo capostipite di quella che sarà e continua ad essere una lunga serie di attori; l'unica famiglia – oserei dire – in Italia e chissà forse nel mondo, ad aver garantito – senza, ci tengo a precisare, nepotisimi – una così numerosa progenie di attori! E quel capostipite fu proprio l'omonimo dell'avvocato Annibale, con il quale condivise solamente il nome e non la vocazione per l'attività forense, nato nel 1889 e primogenito del colonnello Arnaldo e di donna Lidia Bedetti - Fucili.
Dopo di lui, il fratello Carlo seguì le sue orme, e così Ave; merita però approfondire la passione per la recitazione proprio di Ave, vi starete chiedendo “e perché di Ave?”...scontato il fatto che il suo amore per il teatro le fosse stato trasmesso grazie ad Annibale; ma non è solo grazie a lui che Ave ereditò una propensione direi naturale verso quest'Arte. Infatti, sua nonna paterna, Augusta dei conti Montautti, era figlia di Rigoberto Montautti, impresario del Teatro delle Muse di Ancona nonché autore di alcune opere teatrali, e della celebre cantante soprano Enrichetta Morelli. Rigoberto era a sua volta figlio del conte Sinforiano, anch'egli impresario del Teatro delle Muse. Tutti i presupposti c'erano affinché Ave – al battesimo Ave Maria – diventasse un'affermata ed ammirata attrice di Cinema e Teatro!
Iscriviti a:
Post (Atom)